Un settembre azzurro all’isola d’Elba, l’aria mite e molti silenzi tessuti per trovare il ritmo pacato di cui mi nutro. Il mare e i suoi dialoghi fatti di trasparenze cristalline, turbinii di pesci curiosi e per niente schivi, folate di vento e onde improvvise. Le pietre, gli scogli, le alghe, i gabbiani. Voci che si intrecciano e fanno tacere la mia. Scambio sguardi celesti con Lucas mentre i suoi splendidi occhi dalle ciglia lunghe e scure, si tingono di riflessi color foglia. Con lui condivido la vita in armonia e questa vacanza pacifica.
Mi sveglio al mattino con le strisce sottili della luce che si insinuano fra le persiane di legno. I minuscoli granelli di polvere danzano davanti ai miei occhi pigri e mi suggeriscono nuovi movimenti dell’aria e i suoi abitanti. Li tocco come facevo da bambino per vederli correre in tutte le direzioni, mossi da un impercettibile tatto delle mie dita che per loro è sufficiente a farli scatenare in rocamboleschi cambiamenti di rotta. Questo silenzio di parole, le luci, la luna, la superficie del mare, le lenzuola e lui al mio fianco mi proiettano in una dimensione di ascolto profondo. A volte mi fermo per ascoltare il respiro. Il mio, il suo.
E tutto ha senso, finalmente…
I giorni si susseguono nell’alternarsi delle maree finché si avvicina il momento di tornare e Milano, così come un nuovo fine settimana di danza a Verona. Mi chiedo cosa emergerà da tutto questo, che proposte il tacito tempo attuale possa generare in un apparente deserto interno in cui tutto fluttua, evapora, si muove.
Mi siedo al bar per prendere un caffè che sa di vacanze perché non sono io a prepararlo. E’ la mia meditazione sedermi, osservare, attendere, degustare. All’improvviso dalla radio dietro al bancone una musica si fa strada nel groviglio di ricordi antichi e mi tocca il cuore. Sarà lei ad iniziare l’incontro di danza di ottobre e sorrido perché ciò che comprendo come “Mistero” si presenta nel suo tessuto inconfondibile di fedeltà. Sono in buone mani.
Lui/Lei mi guida.
Le ultime giornate al mare si tingono di cupo, rotto a tratti da squarci di sole e tramonti infuocati.
Ne ricordo uno in particolare. Siamo seduti sulla roccia e grosse nuvole cariche di pioggia si affollano in un cielo a tratti terso, azzurro intenso. Ia discesa quieta del sole verso il mare inizia con pennellate di giallo e arancio. Sulla nostra destra sfumature sempre più arancione guizzano verso un rosso brillante mentre il cielo a sinistra diventa viola e lentamente rosa pastello. Già le acque si confondono in una grande tavolozza la cui intensità mi lascia senza fiato. Ci sono altre persone intorno a noi, poche ma tutte hanno dipinto in volto lo stesso stupore. Pare che anche i suoni si attenuino per non disturbare lo spettacolo di una bellezza inaudita. Dentro di me respiro e sorrido estasiato.
Sono in buone mani.
L’autore di tutto questo mi guida…Lui/Lei
L’ultimo giovedì nell’isola e decidiamo di visitare un paesino arroccato sulle montagne che si sporgono sul mare. Camminiamo per strette stradine di pietra. Pare un mondo altro, deserto, abitato dal suono dei nostri passi; non una persona, non una macchina.
All’improvviso da un’alta casa di pietra a tre piani si spalanca una finestra. Lei ha i capelli bianchi e lunghi, un po’ mossi. Si affaccia con un sorriso e ci saluta come se ci conoscesse da sempre. “E’ bello vedervi qui. Un tempo questo paesino brulicava di gente. Oggi non c’è più nessuno, solo io forse e voi. Questa casa l’ha costruita lui, pietra su pietra…mio marito. L’ho amato follemente per quarant’anni ma ora è lassù e mi consuma la nostalgia di lui.
Vivevo in Francia da ragazza. Quando m’ha vista ci siamo innamorati all’istante tutti due e da quel momento non ci siamo mai più separati. Mi ha portato qui sulla sua isola a vivere. Diceva sempre: “meglio qui da poveri che in Francia da ricchi” Io l’ho seguito senza esitazione perché m’aveva rapito il fiato e senza di lui non vivevo. Ha costruito questa casa da solo e qui sono nati i nostri figli. Ma ora vivo da sola. Che belli che siete!”
L’ascoltiamo col naso all’insù senza proferir verbo, rapiti da una storia raccontata come un fiume in corsa, piena di dettagli e sfumature che ora ho dimenticato. Non dimentico la sua intensità e la commozione nel rivivere la storia d’amore ricca di particolari e colpi di scena. L’intimità del racconto rivolto a noi, due sconosciuti col naso all’insù e la sorpresa sulle labbra semi aperte.
I minuti passano senza pensieri, senza domande. Solo lei e quella sincronicità nell’aprire le imposte nell’esatto momento in cui stiamo passando…quella frazione di secondo aperta all’incontro, alla storia.
Prima di richiudere le finestre ci saluta dicendo:
“Vogliatevi sempre bene, la vita è breve e ciò che conta è l’amore”
Ci allontaniamo lentamente, commossi e mi chiedo cosa ancora le attraversa la mente vedendo le spalle di questi due uomini che siamo noi, uno accanto all’altro, che camminano piano piano.
Un matrimonio felice.
Li vedo i suoi occhi pieni d’auspici per noi, il desiderio dell’amore, la buona vita augurata. Li vedo, anche di spalle.
E dentro mormoro un grazie infinito a Lui/Lei che ha architettato l’incontro.
Sono in buone mani.
E lo siamo tutti, nonostante tutto.