Dopo tre anni di assenza fisica dal Brasile ritorno in questa terra che è stata la mia casa per tre decadi. Seduto nella veranda assolata della Pousada che mi ospita per l’intensivo di Danzaterapia aspetto più di sessanta partecipanti che arrivano da varie città e mi pare un miracolo, in questo periodo di difficoltà generale, constatare quanto il richiamo sia stato grande. Confesso che l’idea di rimettermi in un aereo per tante ore non mi allettava ma ho in me un senso, direi profondamente radicato, di ciò che sono venuto a fare in questo mondo e ho affrontato la scelta di tornare con una enorme fede nella vita e la meraviglia è che la vita risponde e sostiene. Traducendo in parole la sensazione permanente che abita il mio cuore, posso scrivere di essere stato trasportato non solo dalla compagnia aerea ma da una flotta di angeli incarnati. La data della partenza era fissata per i primi di luglio e con grande sorpresa ho constatato in aeroporto a Milano che c’erano persone che, a causa della cancellazione dei voli, aspettavano da tre o quattro giorni di imbarcare per il Brasile mentre Lucas e io, in meno di un’ora, eravamo già in volo per Lisbona, prima tappa del viaggio. L’aeroporto è invaso da un grande nervosismo ma io vedo fiorire davanti a me solo un ventaglio di sorrisi autentici e una collaborazione squisitamente gentile tutto il tempo.
Lisbona.
Siamo davanti al distributore automatico di biglietti della metropolitana, Qualcuno mi tocca la spalla, mi giro e un ragazzo ci dice: “Non comprate i biglietti, li ho io, devo partire e non li utilizzo, prendete i miei” E aggiunge: “Blessings!” (Benedizioni) e a me che dentro, ogni tanto ho qualche timore, quella benedizione arriva come una armatura di ferro per muovermi in tutta sicurezza nell’insicurezza di un viaggio al quale mi sono disabituato. Sono stati innumerevoli gli sguardi, i sorrisi, gli inviti fino ad arrivare a San Paolo ed è stata permanente la coscienza del richiamo fatto al mio cuore, alla mia essenza: “Vieni!”
Dirigo lo sguardo attraverso i vetri della veranda e volo sulle catene montuose del Brasile, intuisco gli odori di una foresta che è stata il mio respiro per trent’anni, mi stupisco dei gridi improvvisi dei pappagalli che ritagliano il cielo a zig zag…mi riapro alle forme e ai colori dei fiori tropicali che si risvegliano nell’inverno fresco del sud brasiliano. Avevo dimenticato i becchi dei tucani? Il frinire delle cicale gigantesche, il volo sincronizzato e veloce dei colibri fluorescenti? Tutto si ripresenta come una carezza nonostante la coscienza sempre più lucida di essere a casa ovunque io sia.
Faccio esperienza, nell’attesa del gruppo che arriva domani, dei passi e del respiro di ciascuno che si avvicina, che ha lasciato la propria casa per aprirsi alla danza, per una settimana. E’ molto forte la dimensione di questo ascolto che anticipa il movimento, la percezione di una energia già presente che si muove e pare avere una vita propria, al di la di come posso progettare l’esperienza. Sono risvegli improvvisi durante la notte, abitati da una voce silenziosa che mi chiama. Una musica che arriva e che si impone e mi dice: “Sarò io a condurre i primi passi, lascia fare a me” Da dove arrivano questi sospiri, chi pronuncia queste frasi, chi conduce l’incontro?
Sempre più chiaro per me che la danza è il dialogo con il Mistero…
Fra gli alunni arriva Maria Helena, ha 85 anni e si diploma in Danzaterapia in questo intensivo.
In uno degli ultimi incontri online, prima di danzare mi aveva confessato: “ho sempre vissuto la vita degli altri, ho servito per tutta la mia esistenza…La danza mi ha restituito a me”.
Sono immerso nel silenzio in questo momento mentre scrivo e non ho nessuno intorno ma sento la presenza delle 63 persone come se fisicamente fossero qui. Le vedo, le sento e comprendo che la vita mi ha benedetto dandomi la gioia e l’onore di accompagnarle in un itinerario che condurrà ciascuno a se stesso. Che meraviglia sapere che possiamo scegliere come vibrare…Non la paura, non la tristezza ma l’amore. Questo sì, mi interessa.
Tempo fa ad Assisi ho visitato dopo tanti anni la chiesa di San Damiano. Non ero abitato da nessuno stato emotivo preciso. In silenzio, semplicemente scivolavo con Lucas per le stanze dove Chiara ha vissuto fino a passare nell’altra dimensione nel 1253. In piedi nell’angolo dove ha incontrato la morte, il pavimento di pietra e una candela accesa.
Nient’altro.
All’improvviso sento il mio corpo invaso da un tremore e le lacrime mi segnano il volto senza alcun preavviso. Respiro l’amore di Chiara che attraversa i secoli e si presenta in quel momento senza nessuna usura del tempo. Dopo ottocento anni.
Non sono una persona religiosa ma sono aperto al mistero.
Chiara era lì perché ha vibrato amore tutta la sua vita.
Mi piace ascoltare il cuore che mi rivela questo segreto.
Voglio vibrare d’amore. Sì, questo mi interessa.

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