Open/Close Menu La danza è indirizzata a chiunque e si applica nel campo dell’istruzione e della riabilitazione con persone che hanno difficoltà relazionali o psichiche, disabilità fisiche o sensoriali.

Il corpo, spazio sacro.

Domani inizia un nuovo intensivo in Brasile. La danza che riunisce un folto gruppo di partecipanti per una

settimana si ripresenta come una nuova possibilità per me di credere profondamente nella vita e nella sua

generosità. Ascolto e guardo le piccole o grandi sfide che puntualmente si ripresentano prima, durante,

dopo. Imparo a riconoscerle e ad apprezzare il richiamo forte che provocano in me perché io mi affidi

senza riserve, senza dubbi e possa realizzare un lavoro che va al di la’ delle mie proprie visioni tuffandomi

in un progetto che mi supera, mi trascina, mi spinge e suggerisce nuovi voli. Guardo la mia mano destra

gonfia di una puntura d’ape che l’ha trasformata in una palloncino con cinque salsicce che riscopro essere

le mie dita. Sorrido perché anche questo fatto mi appare come una preparazione necessaria affinché tutto

si compia nel migliore dei modi e io possa dare a chi arriva da lontano ciò che ciascuno cerca nella danza,

richiamo della nostra identità di “Essere Umani”.

La galoppata per deserti senza suoni e movimenti è il filo conduttore che mi sostiene nel non poter

prevedere che proposte ho da offrire. Col passare del tempo questo sole infuocato sulla sabbia arida

articola nel mio cuore una voce che non fa altro se non ripetermi:”Dai te stesso, questi tuoi 57 anni di

scoperte continue, di domande, di tenerezza per una danza che mai, mai, mai ti lascia senza speranza”.

Quando lo stupore e la tristezza hanno tessuto in me trame improvvise di fronte al terremoto in Nepal, terra

che amo, la danza mi ha immediatamente suggerito un appello alla gratuità. “Danza per loro” mi ha detto,

“semina speranza, ricostruisci con me.” E così la settimana in cui in Italia ho potuto raccogliere grazie a lei i

fondi da spedire è stata una delle più belle della mia vita…Libera, colma di entusiasmo, senza domande sul

perché di un disastro di tali proporzioni ma solo ed unicamente l’atto costante di potermi donare attraverso

ciò che so fare.

Il tema principale del nuovo intensivo è: ” La danza che evoca in noi lo Spazio Sacro che siamo, che

abitiamo, che evochiamo” e nel rileggere in un istante ciò che ho appena scritto non posso che sentire

nelle fibre più intime che mi ricreano che tutto è sacro e probabilmente questa e’ una delle poche certezze

che ho….

Dalla veranda in cui mi trovo ora, ascolto i gorgoglii profondi di grandi scimmie nere. Le avverto esistere

dalle fronde folte di questa foresta intorno a me, le indovino in gesti lenti richiamarsi a dialoghi segreti che

mi confermano….: Tutto è sacro”. Anche la spiaggia invasa da sporcizia che ho visto qualche settimana fa.

Parla di qualcosa che cambia, che grida e che sacralmente richiama ad altro.

Rivedo lui, un ragazzo Pakistano sulla panchina di un parco milanese. Mi chiama e mi racconta il disastro

di una vita di fughe fino alla terra europea, promessa di altro più degno, più tollerabile, più umano. Mi fa

vedere le sue mani piagate da tante pentole incandescenti, le tasche vuote. Non un letto, non una casa.

“Una vita di merda” mi dice.

E io ammutolisco perché non so davvero cosa rispondergli. Mi alzo per andarmene e posso solo

ringraziarlo per avermi raccontato qualcosa di lui.

Mi sorride e mi risponde: “Di niente tesoro”. Non insiste, non chiede più.

Quel “tesoro” risplende ancora in me, nel non senso, nella nudità cruda di chi vive per strada e cerca.

“Tesoro sacro”.

Le mani esperte di un altro uomo che legge con le sue dita le storie scritte sul corpo, tocca il mio viso e mi

dice: “Non hai maschere, neanche una, neanche mezza. Sei tu, completamente tu”.

Corpo Sacro che si rivela in me e sorrido felice di essere me stesso.

Il giugno scorso ho sposato Gabriel che in questo momento ha 23 anni e in una cerimonia in cui avrei

potuto invitare il mondo, abbiamo insieme celebrato la generosità dell’esistenza.

La danza mi porta a questo, la danza mi fa vivere in pieno. Qualcuno, solo uno al dire il vero, nel fare gli

auguri su Facebook mi ha scritto: “In fondo ciò che conta è l’amore”. Sorrido di fronte a questo sforzo di

apertura perché per me tutto fluisce in termini di bellezza, una bellezza infinita che non ho bisogno di

difendere. Guardo a me stesso con riconoscenza per ciò che sono e cammino con un sorriso sulle labbra

anche quando non si vede.

Pensando bene è questo che danzerò nei prossimi giorni. La bellezza di essere noi stessi e gli occhi per

accorgersi della Grande Bellezza intorno a noi.

E tu piccola ape che mi hai punto ne sei parte, misteriosamente sacra.

Guardo la mia mano gonfia come un palloncino e queste cinque salsicce che riscopro essere le mie dita.

E ho voglia di ridere.

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